di Raffaele Ciccarelli
È l’edizione n. 123 del più grande romanzo nazional – popolare italiano quella che sta per prendere il via, la nuova Serie A parte tra tante incognite e poche certezze. Innanzitutto, una grande responsabilità e un compito non da poco: quello di fare dimenticare le pessime figure fatte all’Europeo dalla nostra Nazionale, con l’impegno di restituirci un calcio che poi possa essere traslato in maglia azzurra e che sia degno dei quattro titoli mondiali e dei due continentali di cui è piena la nostra bacheca. Non sarà un compito facile, anche perché tecnicamente non possiamo certo essere quelli visti in Germania, lontani comunque da quello che è la Spagna campione o anche la stessa Inghilterra che, a distanza di tre anni, ha saputo almeno ripetersi e raggiungere un’altra finale. Una buona responsabilità cadrà sulle spalle dei tecnici, chiamati a mostrare un calcio che possa essere anche importato in nazionale, seppur con i dovuti distinguo di cui si dovrà far carico, stavolta senza presunzione, Luciano Spalletti, e quest’anno, da questo punto di vista, siamo di fronte ad una vera e propria “rivoluzione culturale”, con tante panchine cambiate, anche ad alto livello. Il quesito, quindi, sarà: chi insidierà veramente l’Inter?, perché i Campioni d’Italia hanno tutte le carte in regola per confermarsi, avendo cambiato in pratica nulla e rinforzati il giusto. Della concorrenza, l’unica che ha confermato il suo nocchiero è stata l’Atalanta, splendida realtà del panorama non solo nostrano, prima italiana a vincere l’Europa League nella sua nuova formula e pronta a giocarsi le sue (molte) possibilità, a patto di trovare una certa stabilità di organico che, in partenza, infortuni e cambi di casacche non sembrano garantire. Molto sarà affidato alla sapienza di Gian Piero Gasperini, ormai rimasto il decano dei nostri tecnici, dopo l’addio di Claudio Ranieri.
Tutte scommesse le altre, qualcuna già avviata, come quella della Roma con Daniele De Rossi che però sembra partirà con l’onere di dover sostituire Paulo Dybala, attratto dalle sirene arabe. Da decifrare le rivali storiche dei nerazzurri: il Milan, salutato Stefano Pioli, si affida a Paulo Fonseca, profilo che non solleva entusiasmi e che appare simile al predecessore, per cui da capire l’utilità del cambio, molte sue fortune saranno affidate all’estro del suo connazionale, Rafa Leao, ora più che mai chiamato a mostrare con continuità le sue indiscutibili qualità. Diverso il discorso in casa Juventus: qui, dopo l’addio traumatico di Max Allegri, si vuole avviare ‘ennesima “rivoluzione culturale”, dove sì, “vincere è l’unica cosa che conta”, ma lo si vuole fare attraverso un gioco più moderno, più propositivo e meno speculativo, e per fare questo in cabina di regia è stato preso Thiago Motta. Ora la domanda cruciale è: riuscirà l’ex tecnico bolognese a trapiantare la sua idea nel Dna storico dei bianconeri? Domanda non da poco, considerando i fallimenti precedenti (Gigi Maifredi, Maurizio Sarri, Andrea Pirlo, anche se questo meritava qualche possibilità in più), per farlo si è rivoluzionato anche la squadra, soprattutto a centrocampo, cercando di capitalizzare il più possibile con i tanti giovani campioni cresciuti in bianconero, e qualcuno avrebbe fatto comodo anche ora, come Federico Chiesa, diventato all’improvviso oggetto misterioso e cedibile da parte della dirigenza. Cosa sarà il futuro bianconero lo potrà dire solo il campo nell’immediato futuro, così come per il Napoli, altra grande rivoluzionata dopo una stagione più che deludente, con Antonio Conte chiamato al compito di riportare in alto i partenopei. Si conoscono le capacità incidenti del salentino, il suo compito non sarà facile, però, considerando i problemi di partenza, la cessione complicata di Victor Osimhen su tutti, ma anche la convivenza con un presidente vulcanico come Aurelio De Laurentiis, dal cui rapporto si aspettano tutti scintille. Rinnovate, ma difficilmente migliori rispetto alla scorsa stagione, le altre, Fiorentina, Monza, Bologna in ordine sparso, mentre più in difficoltà pare la Lazio, affidata a Marco Baroni, ma senza più Ciro Immobile, Luis Alberto, Felipe Anderson, mancanze che ridimensionano di molto l’organico dei biancocelesti. Di tutte le altre, chiamate alla salvezza o al massimo a ritagliarsi un posto al sole, ci intriga il Como neopromosso di Cesc Fabregas, che promette di diventare in breve più di una mina vagante del torneo, così come il Cagliari affidato a Davide Nicola, una volta tanto chiamato a una salvezza da titolare e non da subentrante. In bocca al lupo a tutti. Che la rissa abbia inizio.