Un estemporaneo esperimento di Ninì Pietrasanta (fine anni Venti)
di Marco Giani
Grazie al suo bel Oltre la vetta. Vita e imprese di Gabriele Boccalatte e Ninì Pietrasanta (Belluno, Nuovi sentieri, 2016) Dante Colli ci permette di conoscere non solo l’alpinista torinese morto tragicamente durante un’ascensione all’Aiguille de Triolet a soli 31 anni, ma pure la consorte, la milanese Ninì Pietrasanta (1909-2000). Di entrambe le figure Colli prova a delineare una biografia anche sociale che esuli dal puro elenco delle imprese alpinistiche – come dovrebbe essere di ogni seria biografia di sportivo o di sportiva, al fine di inserire il capitolo sportivo, per quanto preponderante, entro una cornice più ampia.
A pag. 19 viene presentato un interessante episodio, forse da posizionare nella giovinezza di Ninì, prima dell’incontro col suo futuro marito. Gli altri due protagonisti dell’aneddoto sono i milanesi Vitale Bramani (1900-1970), e il futuro partigiano azionista Leopoldo Gasparotto (1902-1944). Visto che Bramani (destinato a diventare famoso per l’invenzione, a metà anni Trenta, delle scarpe con suola in gomma a carrarmato Vibram) risulta essere titolare dal 1928 di un negozio di articoli sportivi in Via della Spiga 8, possiamo datare l’episodio (purtroppo non datato, nella fonte) fra il 1928 e l’estate del 1932, quando Ninì incontrerà Gabriele Boccalatte.
Scrive dunque Colli, a pag. 19, che «Vitale Bramani mandò a Ninì dalla Norvegia un paio di sci con la preghiera di provarli. “Mi faresti un piacere!” aggiunge. Ma le nevi sono lontane. Ninì si consulta con Gasparotto. Si soppesano gli sci. Ci si intende con uno sguardo e per la prima volta si fa sci nautico a Milano. La città era infatti circondata dal grande anello della Cerchia dei Navigli ove scorrevano fluenti e tranquille le acque provenienti dal Ticino e permettevano il transito dei barconi carichi di manufatti, persone e merci che venivano trasportate a un costo relativamente basso. Tra le case che affiancavano chiese, monasteri ed altri minori emergenze era posizionata l’Alzaia, la strada stretta di servizio riservata agli animali e agli uomini che trainavano con le funi i barconi e le chiatte quando queste viaggiavano risalendo la corrente. Si sfrecciò così sulle acque del Naviglio da un ponte all’altro, trascinati quanto più velocemente da un’automobile che corre tra la sponda del canale e i muretti dei giardini coperti di glicini. È facile immaginare la meraviglia della gente e magari qualche animale domestico che sfugge alle gomme del veicolo strepitando e starnazzando. Una vera invenzione! Ci si mette in pubblico per la passione, si inventa una cosa impossibile, si supera ogni complesso, scarponi da sci ai piedi e costume da bagno. Poi si lascia il passo ai cavalli macilenti che tirano i barconi carichi di tegole in una nebbiosa malinconia».
Al centro dell’impresa Ninì, «che valuta l’impegno e poi l’affronta con i mezzi e nelle condizioni disponibili e soprattutto con una valutazione intelligente, perché sarebbe inconcepibile per lei trovarsi a metà strada senza aver raggiunto il fine che si è prefisso. Anche Gasparotto dimostra un notevole spirito, potrebbe passare per una goliardata se non si fosse messo in atto, invece, un piano come pare di capire dettagliato e ben valutato. Ninì impegna se stessa, pronta agli imprevisti e agli sconvolgimenti, sollecita a reagire e a inventare soluzioni immediate. Chi li osserva pensa che quei due siano degli originali e quanto meno si sarà chiesto: “Ma sono matti?”. Non sa che l’attitudine principale di Ninì è orientata verso la pianificazione sensata della vita e la scelta razionale delle varie attività e che questa invenzione è solo un exploit che rientra nei suoi piani e nell’ordine della sua natura: pensare globalmente e con larghe visioni, proprie dei giovani, agire localmente e nell’immediato».
Ninì Pietrasanta aveva incominciato a frequentare le Alpi nel 1927, a diciassette anni, accompagnata dal padre, il quale l’aveva «dotata di una Balilla, la famosa 1100 FIAT a tre marce, con la quale vengono facilitate le sue incursioni in montagna» e con la quale « forse è stato realizzato quel famoso esperimento di sci nautico sul Naviglio» (p. 34).
Ninì avrà modo di scrivere: «C’è nello sciare, anche un godimento fisico, equilibrio, tensione e, nei movimenti più veloci, abbandono, come quando si sogna di volare; v’è la gioia di scendere dall’alto traversando un’aria pura come etere, sollevando intorno una polvere di diamanti». Gli sci, per la loro forma, ricordano a Ninì «”le esili piroghe con cui i popoli primitivi risalgono le correnti” ed aspetta che sorga lo Strauss “che ci doni il nuovo valzer grandioso” che accanto a quello dei pattinatori sia degno delle avvolgenti cadenze e delle ritmiche ampiezze dello sci» (Colli 2016:40)
Fotografia di copertina: il Naviglio Grande negli anni Cinquanta. Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Naviglio_Grande .