dal Seminario “SPORT E SOCIETA’” – Milano, USR per la Lombardia in collaborazione con l’associazione Alexandria (a.s. 2013-2014)
di Sergio Giuntini
(…) Al fine d’aggirare i molteplici ostacoli extrasportivi, si agì in questi termini: 1) per rendere inefficace l’embargo della NATO sui visti degli atleti tedesco-orientali, la semifinale che raggruppava Jugoslavia, Regno Unito, Svezia, Romania, Olanda e RDT, si svolse a Zagabria il 21-22 agosto 1965 anzichè nella sede inizialmente prevista di Oslo; 2) per risolvere la questione posta da bandiera e inno della RDT, rigorosamente proibiti nella RFT, dove si tenevano le finali della manifestazione, venne deciso che i diversi paesi non portassero a Stoccarda (maschile, 11-12 settembre 1965) e Kassel (femminile, 19 settembre 1965) alcun segno o simbolo che ufficializzasse la loro rispettiva delegazione, eccettuato il colore della maglia.
“Fabbrica delle medaglie” e punto strategico di massima criticità per la sua posizione di cerniera tra Est e Ovest, la RDT imboccherà la via del doping pianificato per affrontare con successo la competizione politica globale con l’Occidente. Una variante del tipico nazionalismo sportivo – anch’essa, a partire dall’ottobre 1952, recupererà l’eredità carismatica di Ludwig Friedrich Jahn – con un respiro però assai più ampio, dovendo concorrere alla vittoria finale, sistemica, del “socialismo reale”. Argomenti non meramente propagandistici, che si ritrovano ancora affermati in un materiale ufficiale (le premesse ideologiche alle linee-guida diramate dalla Federatletica della RDT per l’allenamento dei giovani dai 10 ai 13 anni) del 1° settembre 1985. A pochi anni dal crollo del Muro, si poteva leggere:
In conformità con le decisioni della SED (Partito Socialista Unitario Tedesco) e, in particolare, del suo X Congresso, tutti i cittadini del nostro Paese hanno il dovere politico di tendere sempre ai migliori e più elevati risultati. L’XI congresso darà a noi tutti nuovi impulsi, idee e principi. L’evoluzione delle prestazioni nel mondo intero mostra che anche nelle discipline dell’atletica leggera non è prevedibile nei prossimi anni un limite ai risultati. Per lo sport agonistico in RDT è fondamentale affermare la propria posizione a livello mondiale nella lotta di classe contro l’imperialismo […]. I requisiti che riguardano la personalità dei nostri atleti negli anni ’90, nell’anno 2000 e più avanti ancora, sono determinati dal crescente conflitto tra l’imperialismo e il socialismo su scala mondiale, dall’insaziabile sete di potere – in cui lo sport agonistico ha un ruolo importante – dall’abuso dell’idea di Olimpiade, dalla crescita e commercializzazione e professionalizzazione, in particolare ad opera dell’imperialismo, e dalla continua crescita dinamica del numero dei primati a livello internazionale. Gli atleti della RDT incontreranno nei prossimi anni rivali sempre più preparati e proprio gli USA vogliono diventare il numero uno al mondo. Da questo stato di cose deriva la necessità di formare delle personalità che lottino senza condizioni per la vittoria della propria patria socialista, che si identifichino costantemente con i loro doveri, che siano disponibili a conciliare i propri interessi personali con quelli della collettività e della società, che mostrino responsabilità ed affidabilità. I futuri atleti, per potersi affermare, devono distinguersi per l’alta capacità di rendimento, in piena sottomissione alla collettività. Si richiede la creazione di nuove motivazioni nell’ottica di essere i migliori al mondo, il che presuppone un allenamento più cosciente e migliore degli altri.
In questa filosofia: “essere i migliori” per “affermare la propria posizione a livello mondiale nella lotta di classe contro l’imperialismo”, s’inscrive la corsa al sussidio di “laboratorio” esasperato nell’ex RDT. Alla base del doping di stato stava l’Istituto Superiore di Cultura Fisica di Lipsia, fondato nel 1950 e presso il quale si diplomeranno 20.000 quadri di cui 2500 provenienti da 91 paesi per lo più in via di sviluppo. Un centro celeberrimo nel mondo, un’università dello sport e del doping.
Se infatti negli anni ’50 erano gli Stati Uniti ad essere all’avanguardia nella produzione e consumo di anabolizzanti, nel decennio successivo si verificherà il sorpasso dell’Est sui “culturisti” californiani. E proprio la RDT, nell’ambito della manipolazione del testosterone, farà scuola ai suoi primi “maestri” sovietici. La solidarietà ideologica, inizialmente allargata a Romania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria, lascerà il campo, dalle Olimpiadi di Monaco di Baviera in poi, alla rivalità sportiva. L’obbligata amicizia tra URSS e RDT nascondeva in effetti una spietata concorrenza sul terreno della scienza utilizzata in funzione del miglioramento innaturale delle prestazioni. Il confronto, da qui in avanti, diventò perciò a tre: URSS-USA e, terzo incomodo, la RDT, che con il primato nella ricerca acquisito dall’Istituto di Lipsia poneva seriamente in discussione quello che era sempre stato un “bipolarismo olimpico”.
Da sfatare, ad ogni modo, l’opinione d’un minor ricorso degli Stati Uniti d’America a questi mezzi subdoli. Oltre alle note vicende di Florence Griffith e Marion Jones, famosa resta la fuga di massa, per non incappare in una positività certa, di svariati atleti statunitensi alla vigilia dei Giochi Panamericani di Caracas (14-29 agosto 1983). Questi, gli 11 che preferirono rinunciare alle gare venezuelane: Brady Crain (100 m.), Mark Patrick (ostacoli), Jesse Stuart e Ian Pyka (peso), Greg Mc Seveney e Paul Bishop (disco), Dave Mc Kenzie e John Mc Ardle (martello), Duncan Atwood (giavellotto), Randy Williams (lungo), Mike Marlow (triplo). (continua)
Nella foto in copertina Florence Griffith Joyner (1988, pcn photography)