di Raffaele Ciccarelli
La Spagna, superando a Berlino l’Inghilterra, diventa per la quarta volta nella storia Campione d’Europa. Raramente c’è stata unanimità di giudizio nel riconoscere una vittoria con pieno merito come quella ottenuta dagli spagnoli in questa occasione, forse bisogna risalire al Brasile mondiale del 1958 per ritrovare una tale concordanza. Non sono state solo le sette vittorie conseguite, in pratica tutte le partite, ma il modo e il valore degli avversari. La Spagna ha superato tutte le nazionali cosiddette Top Level, cioè appartenenti al consesso delle più importanti: prima l’Italia nella fase a gironi, poi di seguito la Germania padrona di casa, la Francia vice campione del mondo e infine la stessa Inghilterra in finale. Un cammino irresistibile, esaltato dai campioni che ne ingrossano le file e dal nuovo gioco imposto dal CT Luis de la Fuente, fatto di verticalizzazioni rapide e ricerca della porta avversaria anche con tiri da fuori area, il tutto abbinato alle grandi qualità tecniche sciorinate in campo. Per la verità, giocatori come Nico Williams, Pedri, Rodri, Lamine Yamal erano già noti, bisognava capirne l’impatto a questi livelli e c’è da dire che de la Fuente ha fatto un eccellente lavoro, miscelando l’entusiasmo giovanile e le capacità di questi con l’esperienza di Dani Carvajal, Rodri, Alvaro Morata, Dani Olmo, approfittando anche delle eccellenti condizioni mostrate da Fabian Ruiz e Marc Cucurella, imprevisti protagonisti che hanno fornito inattese prove di valore. Poco hanno potuto tutte le avversarie, ci hanno provato gli inglesi in finale, con poca fortuna. Per i sudditi di Sua Maestà continua il sortilegio, dopo la sconfitta ai rigori contro l’Italia di tre anni fa, ora questa sul campo, per un titolo, quello di “Campioni d’Europa”, di cui mai si sono potuti fregiare gli inventori del calcio moderno, fermi, tra l’altro, all’unico titolo mondiale vinto sul prato amico di Wembley nel 1966. Farraginoso è stato il cammino britannico fino all’ultimo atto, a dispetto di un organico di indubbio valore, che puntava su Jude Bellingham, ma che aveva anche Harry Kane, Bukayo Saka, Declan Rice, Kyle Walker, Phil Foden, tutti reduci dalla finale precedente, ma che non sono riusciti a esprimersi sempre al massimo. Probabilmente, puntando il CT Gareth Southgate più sulle individualità che sul gioco, ha pagato l’indubbia stanchezza che gli inglesi accusano al termine di una stagione da loro sfibrante, anche qualche scelta un po’ cervellotica, ma il vituperato, in patria, CT, ragionando su questi limiti, è riuscito a ripetere l’impresa di tre anni fa, purtroppo per lui anche negli esiti, affiancando il suo nome a quello di Sir Alf Ramsey, l’unico vincente sulla panchina dei Tre Leoni.
L’ultimo atto ha espresso tutto quanto mostrato nell’arco del torneo dalle due formazioni: un primo tempo guardingo, in cui gli inglesi hanno controllato il gioco degli avversari, sfruttando anche l’emozione degli elementi più giovani di questi. La ripresa, con l’uscita dal campo per infortunio di Rodri, sembrava mettersi male per gli spagnoli, che però subito si portavano in vantaggio con Nico Williams al termine di un’azione corale rifinita da Yamal, e davano vita a una decina di minuti di calcio spettacolare, cui si opponeva quasi il solo Jordan Pickford. Passati questi momenti, però, come fatto nelle altre partite e a dimostrazione di un organico più che valido e di un indiscutibile carattere, Southgate inseriva Cole Palmer che, tempo tre minuti dall’ingresso, pareggiava il match con un tiro simile a quello di Ollie Watkins contro l’Olanda. Non bastava, però, perché due protagonisti inattesi, Cucurella con un cross dalla sinistra e Mikel Oyarzabal chiudendo in gol, indirizzavano definitivamente vero la Roja la partita, con il salvataggio sulla linea nel recupero di Dani Olmo e spegnere le residue speranze inglesi. La coppa al cielo di Morata consacra, quindi, i migliori d’Europa, e un pizzico di nostalgia ci ha preso pensando che tre anni fa erano gli Azzurri a sollevare il trofeo, e solo una manciata di anni prima il cielo sopra Berlino era azzurro.
Ottima disamina del nostro Raffaele. La Spagna raccoglie quanto seminato in termini di cura del vivaio e di scelte strutturali per quanto riguarda il Commissario Tecnico. Per la nostra Nazionale poco di buono da dire. Scelte federali improntate alla gornata squadra che si è sempre mostrata intimorita dagli avversari, poche idee tattiche e giocatori che sono apparsi demotivato. Che importa, tra un mese inizierà il Campionato ed i nostri “campioni” tecnici, presidenti e tifosi riprenderanno a beccarsi come i capponi di manzoniana memoria !