di Raffaele Ciccarelli

Per entrare nella Storia del Calcio basta, sostanzialmente, poco: segnare un gol eccezionale come prodezza tecnica e stilistica, sollevare al cielo un trofeo, portare la propria squadra a vincere.

Di episodi così se ne possono enumerare tanti: i dribbling di Pelé; la “mano de Dios” o il gol dei tredici tocchi di Diego Armando Maradona; il Paolo Rossi pichichi di Spagna 1982; le mani di Dino Zoff che sollevano quella Coppa del Mondo; il Leicester di Claudio Ranieri che, contro ogni pronostico e tra l’incredulità generale, diventa campione d’Inghilterra nel 2016; la Danimarca sirenetta d’Europa nel 1998 o la Grecia che ascende l’Olimpo nel 2004, e si potrebbe continuare all’infinito.

Ma per entrare veramente nella Storia, quella vera, quella che travalica i confini di un campo di calcio, occorre fare qualcosa di veramente eccezionale.

È quanto accadde a Jürgen Sparwasser nell’estate del 1974. Per narrare l’impresa di questo giocatore occorre partire dall’inizio, soprattutto dare forma a quella che potrebbe essere la sua doppia anima, quella di tedesco dell’Est e dell’Ovest.

Germania Ovest e Germani Est 1974 – Io gioco pulito

È un’ambivalenza che oggi può lasciare perplessi, perche la Germania i nostri giovani la conoscono come unica e unita, ma c’è stato un periodo del secolo scorso in cui non è stato così, e in quel contesto nacque Jürgen, in una cittadina della Sassonia, Halberstadt, che durante la seconda guerra mondiale fu anche sede di campi di concentramento (quello annesso al noto Buchenwald), fu rasa al suolo dagli Alleati e dal 1949 ebbe come patria la Germania Est.

Erano le conseguenze post belliche, una dove si viveva una presunta libertà, l’altra dove si anelava, tanto che per impedire fughe fu costruito un muro, il muro di Berlino, una cicatrice a dividere un popolo che voleva sentirsi unito, un muro che si sgretolò solo nel 1989, con una nazione che ridivenne unica nel 1990.

Sparwasser era nato nel 1948, perciò nato tedesco, si ritrovò suo malgrado tedesco dell’Est. Un’infanzia difficile quella dell’immediato dopoguerra, dove bisognava arrangiarsi, con Jürgen che iniziò piccolissimo ad appassionarsi al calcio, tesserandosi sin dal 1956 con il club della sua cittadina, il Bsg Lok Halberstadt (poi Vfb Germania Halberstadt, tra l’altro allenato dal padre), fondato solo un anno dopo la sua nascita: qui sarebbe rimasto fino alla cessione al Magdeburgo nel 1965, dove avrebbe militato tutta la carriera, conclusasi nel 1979.

Il suo ruolo naturale era quello dell’allora mezzala d’attacco, ma spesso era impiegato anche in quello di centravanti grazie alle sue capacità realizzative.

Le sue qualità non passarono inosservate, dopo la trafila nelle giovanili avvenne presto il suo debutto in prima squadra nella Oberliga, la massima serie calcistica della Germania Est.

Con i bianco blu l’impatto fu traumatico, perché in quella stagione 1965/1966 retrocessero, ma Sparwasser fu protagonista già nella successiva, che valse la promozione e il ritorno nella massima serie, dove successivamente il Magdeburgo avrebbe vinto due campionati e due coppe della Germania Est.

In quel periodo ci fu anche l’incrocio con il calcio italiano, nella finale di Coppa delle Coppe del 1974, quando a Rotterdam i tedeschi contesero il trofeo al Milan. Per i rosso neri fu l’epilogo di una stagione tormentata, altalenante in campionato, con avvicendamenti tecnici, prima Nereo Rocco direttore tecnico con Cesare Maldini allenatore, poi dimissioni del primo ed esonero del secondo con panchina affidata a un imberbe Giovanni Trapattoni.

Anche quella finale non fu felice, i tedeschi orientali si imposero per due a zero e furono la seconda squadra dell’Est a sollevare una coppa internazionale dopo la vittoria del 1969 dei cecoslovacchi dello Slovan Bratislava che si erano imposti sul Barcellona (3-2), la prima e unica della Germania Est.

Naturalmente la voglia di imporsi era maggiore soprattutto a livello di nazionali, e l’esaltazione maggiore doveva venire proprio dall’affrontare i “fratelli” della Germania Ovest.

Prima di addentrarci in quello che fu l’episodio culminante della carriera di Sparwasser, occorre fare una breve digressione per descrivere quello che era lo sport in Germania Est. Ad esso era attribuita un’importanza fondamentale per dare la migliore immagine della DDR (Deutsche Demokratische Republik) nel mondo, e per fare questo politici e scienziati non si fecero scrupolo di usare quello che è diventato tristemente noto come “doping di stato”: la somministrazione sistematica agli atleti di sostanze dopanti al fine di farli primeggiare ed esaltare la nazione con vittorie soprattutto ai Giochi Olimpici, con l’inganno che venne fuori solo dopo la caduta del muro e le testimonianze di alcuni coinvolti.

Nel 1974 era in programma, organizzata proprio in Germania Ovest, la decima edizione dei campionati mondiali di calcio, e fu una nazione “blindata” quella che accolse la competizione, ferita dal massacro degli israeliani ai Giochi Olimpici di Monaco 1972 da parte dei fedayyin palestinesi.

Caso volle che le due Germanie fossero sorteggiate nello stesso gruppo insieme con Australia e Cile, e arrivassero allo scontro diretto già qualificate per la seconda fase, ma a quel punto il match rivestiva altri significati. Tecnicamente il confronto era chiaramente improbo, perché i campioni abbondavano tutti dalla parte occidentale, ma questo poteva rendere la cosa solo più esaltante, giacché il palcoscenico era il mondo.

Il 22 giugno 1974 lo scenario fu quello del “Volksparkstadion” di Amburgo, e pochi credevano in un risultato diverso dalla vittoria dei bianchi occidentali sui blu orientali, probabilmente nemmeno i circa ottomila tifosi che giunsero eccezionalmente nella città anseatica, con i primi che potevano annoverare tra le loro file campioni già affermati come Sepp Maier, Franz Beckenbauer, Paul Breitner, Berti Vogts, Gerd Müller.

Il fischio d’inizio dell’arbitro uruguayano Ramon Barreto, vide, però, scriversi un’altra storia: i bianchi occidentali erano padroni del gioco, ma i blu orientali si difendevano con ordine, e creavano le loro brave occasioni, fino al minuto settantasette: il portiere Jürgen Croy bloccò una iniziativa occidentale e prontamente lanciò sulla sua destra Lothar Kurbjuweit; questi poté avanzare indisturbato nella metà campo avversaria e dalla tre quarti lasciò partire un improvviso passaggio, che fu raccolto dall’accorrente Sparwasser.

Controllo a seguire di testa, tre difensori a vuoto, tiro imprendibile nella porta di Maier: la storia era scritta.

I Wessis erano annichiliti, gli Ossis festanti, Sparwasser in trionfo, per una volta la vittoria orientale era senza ombre, forse solo un calcolo del CT occidentale Helmuth Schön per non sprecare troppe energie, tanto che alla fine a diventare campione del mondo fu proprio la Germania Ovest.

Sparwasser si sarebbe ritirato qualche stagione dopo a seguito di un infortunio all’anca, conseguì una laurea in ingegneria ed evitò sempre di strumentalizzare politicamente il suo personaggio, nel 1988 da eroe divenne traditore della patria quando decise di fuggire in Germania Ovest con la famiglia.

Qui provò anche la carriera di allenatore, ma con scarsi risultati, la sua immagine è e resterà sempre legata al minuto settantasette di quel derby tra nazionali, in cui Jürgen Sparwasser divenne imperituro eroe.

Campionato Mondiale gruppo 1 Amburgo (Volkparkstadion), 22 giugno 1974
Germania Ovest – Germania Est 0-1

Germania Ovest: Maier, Vogts, Breitner, Schwarzenbeck (69’ Höttges), Beckenbauer, Cullman, Grabowski, Hoeness, Müller, Overath (70’ Netzer), Flohe.  CT: Schön.
Germania Est: Croy, Kische, Bransch, Weise, Watzlich, Irmscher (65’ Hamann), Lauck, Kreische, Kurbjuweit, Sparwasser, Hoffman.  CT: Buschner.

Arbitro: Barreto Ruiz (Uruguay)

Marcatore: 77’ Sparwasser (GE)

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