Per continuare a celebrare la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.

di Edoardo Petagna

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione del 17 dicembre 1999, ha istituito la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Quest’anno, la celebrazione assume un particolare rilievo per gli ultimi fatti di cronaca che riguardano violenze o omicidi, con cadenza quasi giornaliera, contro le donne.

In particolare, ricordiamo una donna speciale, tornando indietro nel tempo, al 415 d.C., ad Alessandria di Egitto, doveva viveva Ipazia, una matematica, astronoma e filosofa della Grecia antica, che fu martirizzata  da una folla tumultuosa.

Ipazia

Qualche anno prima, nel 392 d.C., l’Imperatore Teodosio I aveva interrotto e vietato, ponendo fine a una storia di sport durata più di 1000 anni, la disputa dei Giochi Olimpici, visti come  una festa pagana. L’Imperatore aveva dato ascolto agli integralisti religiosi (ce ne sono sempre stati, in qualunque epoca) e ad alcuni vescovi, tra cui Novaziano, autore costui di un piccolo trattato il “De spectaculis”, ovvero “Sugli spettacoli”, dove erano espressi concetti di questo tenore:

” ….. sono ripugnanti queste gare in cui un uomo sta sotto un altro, dove ci si avvinghia in maniera svergognata! Uno può vincere in una simile lotta, ma la decenza ne esce sconfitta.”

E ancora:

“Uno salta; un altro lancia con tutte le proprie forze un disco metallico nell’aria: è forse, questo, un cuore? Io dico che é una pazzia…”.

E ammonisce:

“I buoni cristiani devono allontanare la vista e l’udito da questi spettacoli privi di contenuto, pericolosi e di cattivo gusto. Sono tutti pagani!”.

Così, morì lo Sport, la sana competizione, la stessa cura fisica ed estetica del corpo umano, perchè venne diffusa l’idea che, migliorare il corpo, era occasione di peccato, e trasformava coloro che praticavano l’attività fisica in strumenti diabolici. Questo valeva soprattutto per le donne che non avrebbero dovuto trasformarsi “in lascive rappresentanti di Satana”.

Ipazia, così come ci è stata  tramandata nel tempo, era una  donna di rara modestia e grande bellezza, versata alla scienza, alla ricerca della conoscenza, all’amore per la verità, al prevalere della ragione sugli istinti. Il tutto, coniugato con la cura del corpo, tenuto sano e allenato dalla pratica sportiva. Per il mondo di allora, Ipazia era troppo emancipata, costituiva un pessimo esempio di vita da parte di coloro che la vita volevano oscurarla e ridurla a mera esistenza nelle tenebre e nell’ignoranza.

Il mandante morale dell’omicidio di Ipazia fu il vescovo Cirillo di Alessandria che agì per l’invidia dell’eccezionale sapienza della donna e per gelosia della sua ascendenza sul popolo (questa versione non è unanimemente accettata; alcuni storici non la condividono; ma, probabilmente, i promotori della sommossa in cui ella perì credettero di far cosa a lui gradita.). Nel marzo del 415 d.C, nel periodo della Quaresima cristiana, Cirillo, passando davanti alla casa di Ipazia, vide una gran folla dinanzi alla sua  porta. Chiese il motivo di quella folla, e gli fu risposto che era il giorno in cui Ipazia riceveva e rispondeva ai quesiti che le venivano posti.

Qualche giorno dopo, al ritorno a casa della donna con la sua carrozza, una folla interamente composta da uomini del clero, e cristiani le tese un agguato e l’assalì. La ritenevano colpevole, a loro avviso, di ipnotizzare i suoi studenti con la magia e di esercitare la satanica scienza degli astri.

Ipazia, donna eccezionale, fu oggetto di inaudita ed eccezionale violenza.

Fu denudata, le furono cavati gli occhi, il corpo fu colpito finchè non fu smembrato e ridotto in brandelli che furono poi dati alle fiamme. Per finire, le ceneri furono sparse in tutta la  città per annientare completamente, oltre che le sue idee,  anche il suo essere fisico.

Cirillo mantenne il titolo di vescovo fino alla sua morte, nel 444. La Chiesa cattolica, il 28 luglio 1882, lo proclamò santo e dottore della Chiesa. Viene venerato anche dalla chiesa ortodossa e da quella copta.

A distanza di quindici secoli, la memoria di Ipazia è ancora viva e la scienziata è divenuta uno dei simboli della lotta per l’emancipazione femminile e del difficile percorso delle donne per il raggiungimento della completa parità di genere.

Raffaello: Scuola di Atene – Città del Vaticano, Musei Vaticani
Raffaello: Scuola di Atene-Particolare raffigurante Ipazia
Città del Vaticano, Musei Vaticani

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