di Edoardo Petagna
Nel novembre del 1999, alla fine del ventesimo secolo, la IAAF ha proclamato il più grande “Atleta del Secolo”, sia maschile che femminile. Allo Sporting Club di Monte Carlo, l’allora regnante principe Alberto ha consegnato il prestigioso riconoscimento a Carl Lewis, il “Figlio del Vento”, ed a una signora ottantunenne, Francina (Fanny) Elsje Blankers Koen, campionessa olandese di atletica leggera, vincitrice di quattro medaglie d’oro alle Olimpiadi di Londra del 1948. Fanny ha ringraziato i presenti pronunciando alcune frasi di circostanza seppure un po’ singolari ed incoerenti: “È la prima e l’ultima volta e voglio ringraziare tutti, anche le ragazze. Alla prossima.”
Fanny Blankers Koen è una delle leggende, non solo dell’atletica leggera ma anche di tutto lo sport femminile; fu colei che fece crollare il tabù delle atlete madri, alle quali, secondo una regola non scritta, che nessuno aveva mai osato trasgredire, era vietato gareggiare. Molto longeva dal punto di vista agonistico, partecipò a tre Olimpiadi – Berlino 1936, Londra nel 1948 ed Helsinki 1952 – gareggiando, a Londra, mentre era in attesa del terzo figlio, divenendo il simbolo dell’ascesa e dell’affermazione dell’atletica femminile. Fu soprannominata l’olandese volante e la mamma volante (appellativo, quest’ultimo, che oggi non sarebbe gradito ad alcune correnti femminili di pensiero) per aver saputo coniugare ed interpretare, contemporaneamente, il ruolo di atleta e quello di madre di famiglia. Attualmente, una circostanza scontata e normale ma, all’epoca, non così ovvia.
Fanny Koen nacque in un paesino vicino ad Amsterdam, il 26 aprile 1918. Atleta eclettica e multiforme, durante la sua vita agonistica stabilì primati in diverse specialità, rivoluzionando un mondo dominato dagli uomini e da antichi pregiudizi.
Dopo aver praticato la ginnastica, il pattinaggio su ghiaccio, la corsa, il tennis e il nuoto, scelse di gareggiare in atletica leggera e realizzò, a 17 anni, il record nazionale delle 100 yards. All’avvicinarsi delle Olimpiadi di Berlino, cominciò ad allenarsi, due volte alla settimana, nella velocità, salto in alto e ostacoli, con la società Amsterdam Dames’ Athletic Club, distante 47 chilometri dal suo paese, percorrendo il tragitto in bicicletta.
Venne poi affidata a Jan Blankers, ex triplista olimpico e allenatore della nazionale olandese di atletica leggera. Alle Olimpiadi del 1936, si classificò sesta nel salto in alto e quinta nella 4×100, con la particolarità che le gare si svolsero nello stesso giorno. Nel frattempo, il rapporto con l’allenatore si trasformò in amore. Si sposarono nel 1940, lei ventidue e lui trentaquattro anni. In Europa, la guerra era, ormai, scoppiata; il bosco divenne il campo di allenamento. Le Olimpiadi di Helsinki, programmate per il 1940, avrebbero potuto essere quelle della sua consacrazione internazionale ma, a causa della guerra, non furono disputate. Negli anni di inattività agonistica internazionale, la Koen Blankers continuò ad allenarsi, divenendo, dal 1943 al 1948, primatista mondiale dei 100 metri piani, degli 80 metri a ostacoli, del salto in alto e del salto in lungo.
In particolare, nel 1944, Fanny andò a gareggiare in Frisia, nell’ovest dell’Olanda. Dopo aver battuto il record sui 100 metri piani, assieme a Jenny Adema, Netty Timmer e Gerda Joudijs battè anche quello della staffetta 4×100, strappandolo alle inglesi e facendo esultare la stampa tedesca.
La squadra di staffetta partì all’assalto del record dei 4×200, appartenente alle tedesche. Il quartetto composto da Lies Sluyters, Netty Timmer, Gerda Koudijs e Fanny Blankers-Koen, col tempo di 1’41” (un minuto e quarantuno secondi) stracciò il record tedesco. Questa volta, la stampa tedesca tacque ! Terminata la guerra, nel 1948, già trentenne e madre di due figli partecipò ai Giochi olimpici di Londra. Di concerto col marito allenatore, scelse di gareggiare in tre competizioni individuali e nella staffetta 4×100. I cosiddetti esperti sostennero che fosse impensabile per una donna già trentenne (quindi troppo vecchia), partecipare ad una gara olimpica, la stampa la criticò paventando la sua impossibilità a svolgere i suoi doveri di moglie e madre di due bimbi. Nonostante tutto, per Fanny, la prima medaglia arrivò con i 100 metri piani, la seconda con gli 80 metri a ostacoli e, sotto la pioggia, vinse la terza medaglia nei 200 metri piani. L’ultimo successo fu la staffetta 4×100, durante la quale ricevette il testimone in terza posizione e rimontò fino a vincere la quarta medaglia d’oro. Fu la prima donna a vincere quattro medaglie nella stessa edizione.
Al suo rientro ad Amsterdam “Amazing Fanny” (“Meravigliosa Fanny”) fu accolta da una folla immensa. Sfilò per la città, a bordo di una carrozza, fu ricevuta dalla regina e proclamata Cavaliera dell’ordine Orange-Nassau. I suoi vicini le regalarono una bicicletta, “per prendere la vita più lentamente.”
Agli Europei del 1950, ripeté la tripletta nelle gare individuali. In seguito, fu primatista mondiale dei 100 metri piani, degli 80 metri ostacoli, del salto in alto, del salto in lungo, del pentathlon, delle 100 e delle 220 yards, e della staffetta 4×110 yards.
A 34 anni, ai Giochi di Helsinki, non riuscì a completare la finale degli 80 m ostacoli a causa di un problema fisico. Fu la sua ultima gara internazionale ma continuò a gareggiare in Olanda, dove, nel 1955 vinse il suo ultimo titolo, nel lancio del peso. Si ritirò con un palmarès di quattro titoli olimpici, cinque titoli europei, 59 titoli di campionati nazionali olandesi ed il conseguimento di sedici record mondiali in otto diverse specialità.
Rimase in campo, con le funzioni di allenatrice, guidando la nazionale olandese dagli Europei del 1958 alle Olimpiadi di Messico 1968. Nel 1977, rimase vedova. Nel 1981, furono organizzati i Giochi Fanny Blankers-Koen, FBK Games, un meeting internazionale di atletica leggera, inserito nel circuito IAAF World Challenge. Il meeting si tiene annualmente, nel mese di maggio, al Fanny Blankers-Koen Stadion della cittadina olandese di Hengelo.
Fanny, ammalata di Alzheimer, si spense il 25 gennaio del 2004, a 85 anni.
L’anno prima, il giornalista sportivo Kees Kooman aveva pubblicato una biografia nella quale la Blankers-Koen da madre perfetta, era dipinta come una donna egoista, poco empatica, tutta tesa a conseguire, sempre e comunque, la vittoria e nemmeno molto amorevole verso la famiglia.
Tra i ricordi che la campionessa spesso rievocava, le due occasioni in cui incontrò Jesse Owens.
“Nel 1936, alle Olimpiadi di Berlino, mi feci firmare un autografo da Jesse Owens. Lo incontrai nel 1972 a Monaco di Baviera e mi presentai. Lui rispose che non era necessaria alcuna presentazione.”
E non poteva essere diversamente, era la donna che aveva eguagliato la sua leggenda.