di Sergio Giuntini

Si tratta di un libro scomodo e coraggioso e, per questo, val la pena consigliarlo a tutti. Amici e appassionati dell’atletica e non solo. Nell’edizione originale, quando venne pubblicato negli Stati Uniti nel 1974, era stato intitolato The front runner e a scriverlo fu Patricia Nell Warren. Oggi, in Italia, lo troviamo sotto il titolo La corsa di Warren (Fazi Editore, 2009), e la sua coraggiosa scomodità consiste nel fatto che il volume racconta una delicata storia omosessuale. Un romantico amore gay tra un allenatore e il suo miglior mezzofondista. Storie abbastanza normali, sui campi d’atletica, purché etero. Una vicenda di discriminazioni e tabù, invece, in una America ancora profondamente perbenista, bigotta e, sotto sotto, pure un po’ razzista. Allontanato dalla Penn State University per la sua omosessualità, il tecnico Harlan Brown perde ogni cosa: lavoro, famiglia, amicizie. Costretto ad allenare in un piccolo college newyorkese, qui si nasconde nel conformismo, nella negazione della propria identità sessuale. Rinuncia in sostanza a vivere. Una fuga da se stesso, che viene sconvolta dall’incontro con un trio di giovani (Vince, Jacques e Billy), vittime a loro volta del pregiudizio, dell’omofobia imperante in quella società studentesca essa pure tanto maschile e maschilista. Accettando d’allenarli, Harlan si sottoporrà a volgari pettegolezzi, probabilmente riemergerà il suo passato, ma la sfida ai pregiudizi e i sentimenti ricambiati per uno dei tre, Billy, avranno infine la meglio. E, in fondo a questa difficile prova, si porrà un ulteriore, prestigioso traguardo da tagliare. Un posto da conquistare sui 5000, proprio per Billy Sive, nella squadra olimpica statunitense da inviare nel 1976 ai Giochi di Montreal. Una corsa lunga, dunque, e piena di insidie contro l’intolleranza e l’ignoranza. Per rivendicare diritti e rispetto per tutti, indipendentemente dai loro orientamenti  sessuali. E da ultimo, una nota indispensabile sull’autrice: Patricia Nell Warren, oltreché scrittrice di valore (The front runner si situa all’inizio di una trilogia proseguita con Halan’s Race e Billy’s Boy), è stata anche una pioniera della corsa prolungata americana. Nel 1969, rompendo anch’ella un anacronistico tabù sessuale maschile, prese parte alla maratona di Boston. Famosissima competizione sui 42, 195 m. che, dopo quella dissacrante profanazione, si aprì finalmente pure alla cosiddetta “altra metà del cielo”. 

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