dal Seminario “SPORT E SOCIETA’” – Milano, USR per la Lombardia in collaborazione con l’associazione Alexandria (a.s. 2013-2014)

di Felice Fabrizio

Il Consiglio Superiore dello Sport Africano opta per la partecipazione, imitato dalle associazioni sportive inglesi in aperta ribellione alle invasioni di campo della Thatcher.

In Francia la questione apre un dibattito ricco di spunti di grande interesse, che ha per l’effetto la convivenza di stranissimi compagni di letto. Si schierano per la partecipazione il Partito Comunista, di comprovata fede filosovietica, il gollista Chirac, i socialisti di Mitterand.

La campagna per il boicottaggio, in cui occupano un posto di primo piano i più eminenti dissidenti russi riparati in Occidente, accomuna le forze di destra e la sinistra extraparlamentare, promotrice del Comitato per il Boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca nobilitato dal sostegno di intellettuali prestigiosi quali Marguerite Duras, Barthes, Foucault, Glusckmann.

L’ultima parola spetta al Comitato Olimpico che, con 22 sì ed una astensione, autorizza la spedizione transalpina.

In Italia sulla mobilitazione dal basso di un’opinione pubblica che un sondaggio effettuato in marzo dalla DOXA dimostra per oltre il 60% favorevole alla partecipazione, finiscono come sempre per prevalere il gioco dello scaricabarile, le alchimie politiche, le soluzioni pilatesche.

Il C.O.N.I. appare da subito fermamente intenzionato a garantire la regolare presenza italiana alle Olimpiadi che, dirà Giulio Onesti, “moriranno il giorno in cui finirà il mondo”

Dello stesso parere sono i più autorevoli opinionisti, le grandi firme del giornalismo sportivo, il Partito Comunista di Berlinguer, impegnato a difendere a spada tratta le ragioni di Mosca.

Nello schieramento favorevole al boicottaggio trovano spazio le componenti fanfaniane e dorate della Democrazia Cristiana, il Movimento Sociale, i repubblicani, partito americano per eccellenza, il Partito Socialista di Craxi, che intende smarcarsi sempre più nettamente dalle posizioni comuniste, come dimostra l’instaurazione di un canale diretto e privilegiato con i dissidenti sovietici.

A capeggiare un fragilissimo governo tripartito D.C. – P.S.I. – P.R.I. c’è Francesco Cossiga che, sfoderando tutta la sua abilità di acrobata della politica, si ingegna a tenere insieme l’alleanza con gli Stati Uniti e la necessità di salvaguardare l’autonomia e l’autorevolezza del C.O.N.I.

Allo scopo viene riesumata una negletta sentenza del Consiglio di Stato che riconosce la sovranità degli enti pubblici ai fini del conseguimento dei loro fini istituzionali, che per il C.O.N.I. prevedono la partecipazione ai Giochi.

E sovranamente il Consiglio Nazionale del C.O.N.I. sottoscrive a schiacciante maggioranza le scelte governative, che delineano un intervento senza tricolore, senza inni nazionali, senza atleti appartenenti ai corpi militari, ai quali viene immediatamente ritirato il passaporto. Il judoka Ezio Gamba, che vincerà l’oro, per recarsi a Mosca sarà costretto a chiedere il congedo dall’Arma dei Carabinieri.

Ezio Gamba ai Giochi Olimpici di Mosca 1980

La proroga sine die dei termini di iscrizione ed il frenetico giro di incontri tra Carter, Breznev e i principali leader mondiali non valgono ad evitare il disastro, che emerge in tutta la sua evidenza nel corso della cerimonia inaugurale fissata per il 19 luglio.

Tra i 61 paesi boicottatori si mescolano il Cile di Pinochet e, incredibile a dirsi, Israele, partner di fiducia degli U.S.A., ed i suoi nemici arabi, che intendono esprimere la loro solidarietà etnico – religiosa al popolo afghano.

Pesano come macigni le assenze degli Stati Uniti, della Cina, del Giappone, di una Germania in cui una drammatica votazione all’interno del Comitato Olimpico Nazionale si è risolta con 49 favorevoli alla partecipazione contro 50 contrari.

Le rappresentative di Gran Bretagna, Irlanda e Portogallo sfilano con i soli dirigenti; Belgio, Francia, Lussemburgo, Olanda, San Marino e Svizzera con i vessilli nazionali e senza atleti; l’Italia con la bandiera del C.O.N.I.; Andorra, Australia, Danimarca, Nuova Zelanda, Portorico e Spagna con la bandiera olimpica. La Liberia sfila, ma non partecipa alle gare.

Per i Giochi del 1984, programmati a Los Angeles, è lecito parlare della cronaca di una ritorsione annunciata, attuata con programmato cinismo e servita come piatto freddo.

Giochi Olimpici Los Angeles 1984

Ad agitare per primo le acque è paradossalmente proprio il paese ospitante. L’abbattimento avvenuto nel settembre del 1983 di un Boeing 747 sudcoreano accusato dai Russi di aver violato il loro spazio aereo suscita negli Stati Uniti un’ondata di indignazione, che si manifesta anche attraverso una raccolta di firme per invitare gli atleti americani ad astenersi dai Giochi.

Chiusi all’angolo, i Sovietici reagiscono con rabbia. I giornali denunciano l’assenza a Los Angeles delle indispensabili condizioni di sicurezza per le squadre. I dirigenti sportivi, scandalizzati dalla richiesta formulata dall’ambasciata americana a Mosca, che esige di poter esaminare per tempo la lista dettagliata della delegazione russa, subordinando alla verifica nominativa la concessione del visto di entrata, gridano alla violazione della Carta Olimpica, che impone la libera circolazione di atleti ed accompagnatori.

Il cielo è sempre meno blu, malgrado le ottimistiche dichiarazioni di una pattuglia in esplorazione a Los Angeles secondo la quale “boicottaggio è una parola che non esiste nel vocabolario russo”.

Sono lette come autentiche provocazioni tanto la concessione dell’accredito a due punte di diamante della propaganda occidentale, Radio Libera Europa e Radio Libertà, quanto le attività del cartello Ban The Soviet Coalition, sotto il cui ombrello si raggruppano 165 organizzazioni in rappresentanza di trenta milioni di americani, che diffonde volantini incitanti alla richiesta di asilo politico da distribuire tra le rappresentative del blocco comunista.

L’otto maggio arriva l’annuncio ufficiale della defezione dell’U.R.S.S., che assume a pretesto l’esplicita violazione della Carta Olimpica.

Seguono in scia Bulgaria, Cecoslovacchia, Germania Orientale, Polonia, Ungheria, Angola, Alto Volta, Etiopia, Libia, Afghanistan, Cambogia, Corea del Nord, l’Iran in guerra con l’Iraq, Laos, Mongolia, Repubblica Democratica dello Yemen.

L’epoca della chiamata alle rami dello sport e della politicizzazione dei Giochi Olimpici volge al tramonto in parallelo con la fine del bipolarismo e con l’emergere sulla scena internazionale di nuovi protagonisti..

L’ultimo colpo di coda si registrerà nel 1988 a Seul con la defezione della Corea del Nord, di Cuba, dell’Etiopia.

E’ possibile a questo punto abbozzare un bilancio.

Il boicottaggio del 1976, pur essendo assorbito senza gravi contraccolpi dal movimento olimpico, riveste un’importanza fondamentale in quanto traccia il cammino percorso dalle esperienze successive.

Il boicottaggio del 1980 trasforma un potenziale ordigno nucleare in una innocua castagnola. Carter, preoccupato soprattutto di intercettare e sfruttare a fini elettorali la paura del comunismo che attanaglia l’America profonda, verrà sonoramente sconfitto da Reagan e non otterrà il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan.

Il magro bottino di paesi boicottatori raccolto nel 1984 dall’U.R.S.S. prelude alla rovinosa caduta di un colosso dai piedi di argilla, lacerato dalle contraddizioni interne e dissanguato dall’inseguimento della politica di riarmo posta in atto dagli Stati Uniti.

In buona sostanza, il boicottaggio, espressione di un biasimo morale che non incide sulle relazioni vitali di ordine politico ed economico intrattenute dagli stati, sembra avere rivestito un’efficacia simbolica ed una effimera visibilità. Il tema del rispetto dei diritti umani, mai fatto proprio in modo convinto dal Comitato Olimpico Internazionale, dagli anni Novanta del XX secolo scivola in secondo piano per fare posto alle pressanti esigenze del business planetario. E Michele si è finalmente deciso. Parteciperà alla festa, costi quello che costi. Stando in un angolino o mettendosi di profilo accanto a una finestra? No: al centro della scena, sotto i fasci dei riflettori, davanti ai microfoni, esibendo alle telecamere gli attrezzi del mestiere con il marchio di fabbrica ed il logo dello sponsor ben in vista.

BIBLIOGRAFIA

Elio Trifari (a cura di), L’enciclopedia delle Olimpiadi, Milano, R.C.S., 2 voll., 2008;

Sergio Giuntini, L’Olimpiade dimezzata. Storia e politica del boicottaggio nello sport,

Milano, Sedizioni, 2009;

Nicola Sbetti, Giochi di potere. Olimpiadi e politica da Atena a Londra. 1896 – 2012, Firenze, Le Monnier, 2012.

Nadia Comaneci – Montreal 1976

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