di Raffaele Ciccarelli

Si può entrare a pieno diritto nella storia del calcio senza aver necessariamente fatto cose mirabili con un pallone, vinto coppe e trofei, ma anche creando un organismo che nel tempo ha cercato di unire più che di dividere, pur dovendo fare della lotta spesso il proprio credo. È il caso di Sergio Campana, che pure è stato un buon calciatore, ma che nei libri di storia del calcio italiano resterà per sempre come il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori. Una associazione, quest’ultima, nata per tutelare lavoratori, come erano inquadrati i calciatori all’epoca, ma che non avevano alcun diritto, solo quello di sottostare alle compravendite delle società che li tenevano contrattualizzati. Naturalmente tutto questo doveva nascere nel 1968, perché in quell’anno sembrano catalizzarsi tutti i venti di cambiamento che investono la società, il mondo giovanile in subbuglio portò anche i calciatori a rivendicare i propri diritti. Tra i primi firmatari nomi importanti del mondo della pedata tricolore, Giacomo Bulgarelli, Gianni Rivera, Sandro Mazzola, Giancarlo De Sisti, e anche lo stesso Sergio Campana, che fu eletto presidente. Questo avvenne perché Campana, da poco ritiratosi dall’attività agonistica, era in possesso della Laurea in Legge, uno dei pochi calciatori laureati dell’epoca, ed esercitava da avvocato, perciò in grado di districarsi nei meandri dei regolamenti, ed egli lo fece con l’abilità che lo contraddistingueva da calciatore. La sua carriera agonistica si svolse tutta a Vicenza, nelle fila del Lanerossi, tranne un intermezzo di due stagioni a Bologna, e in ognuna di queste due squadre si distinse come attaccante dalla buona prolificità, contribuendo sia alla promozione del Lanerossi in Serie A nella stagione 1954/955, sia alla vittoria dei felsinei nella Mitropa Cup del 1961. Non smentì la sua vocazione di attaccante nemmeno quando intraprese il suo nuovo ruolo alla guida di quello che, con gli anni, è diventato il sindacato dei calciatori. Innumerevoli, infatti, le battaglie, il più delle volte vinte, fino alla legge 91 del 1981 che, riconoscendo lo status di lavoratore per i calciatori, dette il via a tutti i legittimi riconoscimenti per gli stessi. Tra le altre, Campana ottenne anche l’abolizione del “calciomercato” nel 1977, vissuto fino a quel momento in maniera quasi goliardica e che tanti episodi ha regalato ai giornali con i suoi estroversi, e anche estemporanei, personaggi, così come il tetto d’ingaggi e la possibilità di rifiutare un trasferimento non gradito. Quasi cinquant’anni è durato il regno di Campana come presidente del sindacato dei calciatori, fino a passare definitivamente la mano nel 2011 cedendo la presidenza a Damiano Tommasi (ora Umberto Calcagno), ma restando sempre in contatto con la sua “creatura”, che ha ancora la sede a Vicenza, quasi a onorarne la memoria e l’eredità morale di chi ha vissuto mezzo secolo di battaglie e contribuito a tutelare decine di calciatori, dai ricchi professionisti agli ultimi dei dilettanti.

Sergio Campana

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