di Edoardo Petagna

Il ciclone Covid-19 che, a partire dalla fine di febbraio 2020, si è abbattuto sul mondo e sul nostro Paese, causando migliaia di vittime, ha travolto anche l’ex mezzofondista azzurro di atletica leggera, Donato Sabia. L’atleta di Potenza, è morto all’età di 56 anni, l’8 aprile 2020. La sua scomparsa è stata improvvisa e ha colto tutti di sorpresa, soprattutto perché il virus ha colpito un ex atleta ancora nel pieno della vita. Dopo alcuni giorni di febbre, trascorsi a casa, era stato ricoverato all’Ospedale San Carlo di Potenza e sembrava stesse reagendo alla malattia; poi, il precipitare della situazione e la morte; qualche giorno prima, era deceduto, per la medesima causa, il padre ottantenne.

Donato Sabia – Foto estratta da www.coni.it/images/
 

Sabia era nato a Potenza l’11 settembre 1963. Nella sua carriera agonistica, il successo più prestigioso lo colse a Goteborg, città svedese, dove, nel 1984, all’arena coperta Scandinavium, si svolsero i campionati europei indoor di atletica leggera. Sabia vinse il titolo degli 800 metri col tempo di 1’43”88 che, ancora oggi, lo colloca al terzo posto nella graduatoria delle prestazioni italiane di sempre. Soltanto Marcello Fiasconaro (1’43’’7 nel 1973) e Andrea Longo (1’43’’74 nel 2000) hanno corso più veloci di lui.

Sabia, è poi ricordato per il quinto posto nella finale della staffetta 4×400 ai campionati mondiali di atletica leggera di Helsinki del 1983 e per aver raggiunto due volte la finale olimpica degli 800 metri, a Los Angeles, nel 1984, dove si classificò quinto e a Seul, nel 1988, dove fu settimo. Nella finale di Los Angeles, Sabia si trovò a competere con un lotto di avversari eccezionali. Il brasiliano Joaquim Carvalho Cruz e il britannico Sebastian Coe corsero testa a testa per aggiudicarsi l’oro. Cruz, con un gran finale, vinse col tempo di 1’43’’00; Coe, con 1’43”64, si aggiudicò l’argento; l’americano Earl Jones vinse la medaglia di bronzo con 1’43”83; Billy Konchellah, keniota, si classificò al quarto posto con 1’44″03; Sabia fu quinto, in 1’44’’53; Steve Ovett, il britannico, campione olimpico degli 800 metri ai Giochi Olimpici di Mosca 1980, si classificò soltanto ottavo.

I successi e le prestazioni su quella distanza, col suo stile di corsa leggero ed elegante, gli valsero l’appellativo di “il signore degli 800 metri”.

Arena Scandinavium – Foto Wikipedia 2008
 

Donato Sabia ha anche detenuto il record mondiale su una distanza spuria, quella dei 500 metri piani; lo aveva stabilito a Busto Arsizio, il 26 maggio del 1984, col tempo di 1’00’’08. Il record fu infranto, il 5 febbraio 2013, all’Avana, dal cubano Orestes Rodriguez Williams che corse in 59”32.

Durante la sua carriera sportiva, Sabia incorse in molti infortuni, a causa della fragilità dei suoi tendini, che lo costrinsero a un ritiro precoce dall’attività agonistica, non senza polemiche. Anni dopo essersi ritirato, intervistato dal Corriere del Mezzogiorno dichiarò:

“Nel 1987 ero in ripresa e arrivai secondo alla Coppa Europa di Praga sotto la guida di Sandro Donati. Poi l’ennesimo infortunio. Mi proposero di ricorrere al doping per continuare la carriera. Rifiutai e denunciai il fatto dopo la conferenza stampa di presentazione della squadra per i mondiali di Roma quando un giornalista chiese al Commissario Tecnico della nazionale che fine avesse fatto Sabia: ‘Si è infortunato, gli abbiamo proposto di aiutarlo, ma non si è fatto aiutare. Ha paura del confronto con il pubblico italiano.’ Non finì lì. L’Espresso raccolse la mia denuncia. In realtà avevo detto no al doping, un aiuto a quei tempi quasi istituzionalizzato. E da allora mi chiusero tutte le porte”.

Il suo allenatore, Sandro Donati, ricordando quel periodo buio, raccontò:

“Anche se non ufficialmente, era stato emarginato dalla squadra perché aveva rifiutato le pratiche del doping, eravamo soli, nessun sostegno economico, nessuna borsa di studio.”

Da allora, Donato Sabia ha sempre lottato contro il doping nello sport.

Nel 1988, fu protagonista del primo sciopero dell’atletica, motivato dalla mancata iscrizione, da parte del CONI, della staffetta 4×400 alle Olimpiadi di Seul, nonostante il quartetto azzurro avesse fatto segnare il sesto tempo mondiale. All’Arena Civica di Milano si disputavano i Campionati Italiani di atletica leggera e Sabia, leader del gruppo, abbandonò la pista e si fece portavoce del dissenso:

“I finalisti della gara dei 400 hanno deciso all’unanimità di rinunciare a correre in segno di protesta contro la decisione che ha escluso la staffetta 4×400 dalla meritata partecipazione alle Olimpiadi.” Quella sera, la gara non fu disputata.

A due mesi dalle Olimpiadi del 1992, il terzo grave infortunio segnò la fine della carriera sportiva a soli 29 anni.

A tal proposito l’atleta, nel corso di un’intervista rilasciata alla Gazzetta del Mezzogiorno, raccontò la criticità del momento vissuto:

“Il passaggio in sé non è semplice da una vita da atleta di un certo livello a quella di uomo comune, per certi aspetti nel mio caso il passaggio è stato mitigato dal tempo trascorso tra un infortunio ad un altro, ma quando poi ho realizzato di dover appendere al chiodo le scarpe da corridore, il trauma l’ho subito. C’è da dire che non ho mai fatto la vita dei miei coetanei, ritrovarmi ad un tratto con i problemi della vita quotidiana, con il lavoro da trovare, sì, perché l’inserimento nel mondo del lavoro non appariva facile.” (GdM Basilicata del 10 aprile 2011)

Sabia ritornò a Potenza, fece alcune scelte di vita privata e stipulò una convenzione con il Comune di Potenza come consulente dell’Assessorato allo sport. Frequentò il corso di tecnico mondiale di atletica leggera, che gli aprì la strada di allenatore della squadra di Malta per le Olimpiadi di Sydney 2000. Al rientro da Malta, continuò a collaborare con gli Enti Locali fino ad essere integrato, definitivamente dal 2009, nell’Ufficio allo Sport del Comune di Potenza, come esperto di promozione dell’attività sportiva e di gestione degli impianti sportivi.

Al cronista che gli chiedeva “Chi si ricorda di Donato Sabia?” rispose:

“Ancora oggi qualche mio coetaneo si ricorda di me, avendomi seguito in televisione. Mi imbarazza, per la mia timidezza. Ma anche perché il ricordo dei miei successi ha un gusto agro, per via di una parabola interrotta, che mi dà un senso di incompiutezza, per non aver potuto esprimere il mio talento a pieno. Non credo che, al di fuori di questo ambito di amici, ci sia chi si ricorda di me. Nel 2006, in occasione del passaggio della torcia olimpica in Basilicata per i giochi invernali di Torino, sono tornato agli onori della cronaca per essere stato l’ultimo tedoforo, quello che ha acceso il braciere in Piazza Prefettura. Un momento molto bello, per me che ho partecipato a tre Olimpiadi, due come atleta e una come tecnico.” (GdM Basilicata del 10 aprile 2011)

Pensieri di un uomo, al tempo stesso, umile e, seppure con rimpianti, orgoglioso del suo vissuto.

Al momento della sua scomparsa, Donato Sabia era Presidente del comitato regionale Fidal Basilicata. In tale veste, aveva partecipato alla Giunta Nazionale del CONI che si era svolta a Matera, il 26 marzo 2019, nell’anno in cui la città era Capitale Europea della Cultura.

Donato Sabia, in seconda fila a sinistra, alla Giunta Nazionale del CONI a Matera (foto Mezzelani GMT Sport).
 

ll Presidente del CONI Giovanni Malagò, nell’esprimere il suo cordoglio personale e dell’intero Comitato Olimpico Nazionale Italiano ai familiari di Donato e a tutto il mondo dell’atletica, dichiarò:

“Siamo in lutto per la scomparsa di un grande campione, che ha scritto pagine importanti dell’atletica italiana. Negli ultimi giorni ero purtroppo venuto a conoscenza delle sue condizioni di salute: aveva perso da poco il papà e si è dovuto arrendere anche lui, giovanissimo, alla violenza del virus. È stato un fenomeno, non solo per le due finali olimpiche negli 800 metri che rendono il senso delle sue memorabili imprese, ma anche per i tanti successi conquistati, tra cui il titolo europeo indoor a Göteborg nel 1984, anno in cui ottenne anche il primato mondiale dei 500 metri. L’anno scorso l’avevamo invitato ai lavori della Giunta Nazionale del CONI a Matera, un doveroso riconoscimento per la sua straordinaria carriera”.

Alfio Giomi, presidente della FIDAL sino al 31 gennaio 2022, lo commemorò con parole dolcissime:

“Atleta di talento straordinario, ma soprattutto persona d’animo gentile. Una tragedia nella tragedia,  Donato era una persona a cui non potevi non voler bene.”

Valerio Piccioni, sulla Gazzetta dello Sport dell’8 aprile 2020, scrisse:

“Di Donato Sabia abbiamo tanti ricordi. Ma ce n’è uno in particolare che ci viene in mente in questo momento tragico. Era il giorno del funerale di Pietro Mennea. Ognuno con gli occhi cercava uno sguardo amico di fronte allo smarrimento di una perdita troppo grande. A noi capitò di incrociare proprio Sabia e scoprire una luce addolorata ma rassicurante, quasi un modo per fare forza a tutti coloro che riempivano quella chiesa dell’Aventino, dove c’era un po’ tutta l’atletica italiana. Proprio lui, il grande timido, faceva forza a tutti. Proprio lui, l’atleta che a un certo punto sembrava il vero erede della freccia del sud seppure su distanze diverse. Sabia e Mennea erano caratterialmente diversi, ma avevano qualcosa in comune: ragazzi del sud, innamorati dell’atletica fino al punto di lasciare Potenza e Barletta per chiudersi a Formia a lavorare, a mettere tutta la vita dentro il sogno di farcela. Ce la fecero. Ma ora ci mancano. E tanto.”

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