di Sergio Giuntini

Per una come lei, abituata a sfidare le leggi fisiche saltando in alto e in lungo, diventare un’astrofisica di fama mondiale non deve esser stato troppo difficile. Quasi, anzi, un passaggio se non obbligato naturale. Si allude a Margherita Hack (1922-2013), la fiorentina che prima di dedicare tutta se stessa alla scienza ha trascorso una gioventù ricchissima di sport: ciclismo, pallavolo, ma soprattutto atletica.

In una sua raccolta di ricordi autobiografici, La mia vita in bicicletta (Ediciclo, 2011), ricordava così i suoi inizi da saltatrice: <<Cominciai a fare salto in alto e in lungo, senza nessuna preparazione, senza che l’allenatore si prendesse la briga di farmi provare anche altre specialità, per trovare quella più adatta a me. Forse mi dedicai ai salti perché quando arrivavo alla “Giglio Rosso” la mattina presto non c’era ancora nessuno, e non avendo bisogno di confrontarmi con altri, come nel caso delle corse, la pedana per il salto in lungo era là, a disposizione, anche i dritti e l’asticella per l’alto erano sempre pronti e così mi potevo allenare da sola, senza bisogno di nessuno>>.

Inizi un po’ avventurosi e da autodidatta ma tutt’altro che peregrini. Tant’è la Hack dimostrò rapidamente il suo puro talento atletico. A Firenze, nel 1941, vinse i “Littoriali dello Sport”, sorta di campionati nazionali universitari d’allora, sia nell’alto che nel lungo, e si ripeté nuovamente in quelli di Como, nel 1942, vincendovi ancora l’alto. Assai onorevoli anche le sue partecipazioni ai campionati Assoluti della FIDAL. Nel 1941, a Modena, si classificò 7^ nell’alto con m. 1,40, e 9^ nel lungo con m. 4,70.

Un deciso salto di qualità lo realizzò negli Assoluti di Bologna del  1942. Qui, infatti, finì brillante 3^ con m. 1,45. E proprio in quel 1942, il 3 maggio, a Pisa, realizzò i suoi primati personali nelle due specialità: m. 1,50 e m. 5, 18. Due prestazioni che le valsero rispettivamente la 2^ e la 4^ posizione nelle graduatorie italiane dell’anno di alto e lungo.

La Hack amò sempre intensamente il suo sport praticato da studentessa, e in un altro prezioso ricordo ci ha lasciato queste impressioni al riguardo: credo comunque, affermava, che <<lo spettacolo offerto dalla corsa, sia il tempo di un sospiro dei 100 m., o la prova di coraggio e capacità di soffrire e combattere offerta dai maratoneti, rappresentino alcuni degli aspetti più appassionanti della regina degli sport che è e resta l’atletica leggera>>.

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