di Marco Giani

Come già dimostrato in un altro recente pezzo recentemente pubblicato da La-CRO.S.S.[1], la rilettura a distanza di decenni del volume L’atletica femminile in Italia e nel mondo (Napoli, L’Arte Tipografica, 1966) di Salvatore Massara può dare i suoi piccoli ma significativi frutti storiografici. Se in quel caso il ritratto di Gilda Jannaccone ci forniva un’utile istantanea dello stato di totale abbandono dell’atletica femminile nel Meridione d’Italia all’altezza cronologica del 1958, in questo caso l’interesse nasce non solo da un’analoga presa di coscienza delle difficoltà di questa disciplina nell’Italia del Secondo Dopoguerra, ma anche dal confronto col periodo immediatamente precedente. In questo caso non sarà però un’intervista, bensì una serie di “semplici” statistiche ad illustrarci la differenza fra la fine del Ventennio e i democratici anni Sessanta: e proprio la coscienza storica odierna può farci comprendere meglio la significatività di tali dati.

Negli ultimi anni del regime fascista (a partire dal biennio 1936/1937) erano state organizzate delle associazioni del regime (Gioventù Italiana del Littorio, Gruppi Universitari Fascisti e Opera Nazionale Dopolavoro) una serie di manifestazioni nazionali di massa, le prime al femminile del nostro paese, come i Littoriali Femminili dello Sport e i Campionati delle Giovani Fasciste. Socialmente parlando, si trattava di manifestazioni estremamente innovative, perché la loro stessa struttura nazionale implicava, per il loro buon funzionamento, che ogni cellula territoriale (il Comando Federale provinciale per la GIL, il singolo gruppo d’ateneo per i GUF) mandasse una propria rappesentanza, al di là dell’effettivo valore sportivo delle ragazze prescelte. Così facendo, gruppi di giovani una volta l’anno lasciavano l’oscura provincia in cui abitavano per raggiungere grandi città come Roma, Torino o Napoli: si trattava per molte di loro del primo viaggio di sempre.

Questa nuova pratica, che andò avanti anche dopo l’entrata in guerra dell’Italia (1940), fu particolarmente impattante, a livello sociale, nel Meridione d’Italia: anche se poi spesso terminavano in fondo alla classifica, la vittoria per le ragazze provenienti dalla provincia di Campobasso, Enna o Potenza coincideva con la stessa partecipazione. Si trattava di una possibilità che le loro madri e sorelle maggiori non avevano avuto, e che purtroppo le loro figlie non avranno: lungo tutti gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, in attesa dell’istituzione dei Giochi della Gioventù nel 1969, le ragazze meridionali furono abbandonate a loro stesse.

Tutto ciò può essere comprovato anche a livello statistico allorquando sfogliamo le apparentemente aride pagine del volume di Massara contenenti i «Primati femminili assoluti delle regioni italiane» di 12 discipline di atletica leggera, aggiornati al 1965[2]. Se durante gli anni Trenta Ondina Valla, Claudia Testoni e le loro compagne di Nazionale avevano facilmente polverizzato tutti i record delle pioniere dell’atletica leggera, a metà anni Sessanta era avvenuto – abbastanza inevitabilmente, viste alcune innovazioni[3] come allenamenti meno improvvisati di quelli degli anni Trenta – lo stesso … tranne per qualche caso. Sono proprio queste rarissime eccezioni quelle che hanno bisogno di essere studiate e spiegate, da parte di uno studioso di storia dello sport.

Partiamo dai tre record nel 1965 ancora in mano alle succitate atlete bolognesi, segno di un’eccezionalità oggettiva che vent’anni non erano riusciti del tutto a demolire: Ondina Valla deteneva ancora quello emiliano-romagnolo nel salto in alto (m. 1,56), Claudia Testoni quello nel salto in lungo (m. 5,65). Se entrambe le perfomance datavano 1937, poi la Testoni si era trasferita a Torino, chiamata dal prestigiosissimo GS Venchi-Unica: nel 1939 aveva così stabilito il record piemontese sugli 80m ostacoli, correndo in soli 11’’ 3/10.

Un secondo terzetto si può spiegare con la caduta in disgrazia di una specifica disciplina, ossia il lancio del giavellotto, che nel Ventennio aveva conosciuto una sua fortuna, nella pratica ma soprattutto nell’iconografia della donna sportiva. All’altezza del 1965 resistevano ancora il record ligure di Angela Cressi del 1939 (m. 40,12), quello marchigiano di Maria Vignoli del 1941 (m. 34,67) e quello pugliese di Angela De Mattia del 1939 (m. 32,34).

Scartati questi 6 record, tutti gli altri appartengono a due sole regioni, ossia Campania e soprattutto Basilicata. Nel primo caso notiamo il record nei 100 metri di Maria Perelli del 1941 (12’’ 5/10) e il “solito” lancio del giavellotto di Cristina Baldi del 1942 (m. 35,68). In terra lucana si sale addirittura a 5 record: quello dei 100 metri di Teresa Breber del 1943 (13’’ 5/10), dei 200 metri di Enza Martinelli del 1943 (28’’ 8/10), del salto in alto di Anna Piscopia del 1943 (m. 1,38), del lancio del giavellotto di Bianca Angiolillo del 1941 (m. 31,05), della staffetta 4x100m della GIL Potenza (53’’), cui risultano essere appartenute tutte le appena citate atlete lucane. La quantità esorbitante di record ancora imbattuti a distanza di più di vent’anni, e la loro cronologia molto tarda, più che farci lodare la lungimiranza della Gioventù Italiana del Littorio che diede la possibilità a qualche ragazza di Potenza e provincia di mettersi alla prova negli impianti sportivi, è un’accusa implicita a chi prese le redini d’Italia nell’immediato Secondo Dopoguerra. Ciò che questi record ci dicono, infatti, è che una volta caduto il regime nessuno più, in terra lucana, si preoccupò di sport femminile: e le porte degli stadi rimasero chiuse per loro, in un’Italia che avrebbe dovuto al contrario preoccuparsi di dar loro una possibilità.

L’unica nota di speranza, in tutto ciò, ci viene dal nominativo di Enza Martinelli: nel 1958, infatti, ritroviamo la «professoressa Enza Martinelli-Lasorella» premiata per l’impegno profuso durante l’anno per la promozione dell’atletica leggera femminile durante la Giornata Olimpica organizzata dal CSI allo Stadio Viviani di Potenza[4]. Una piccola fiammella ardeva ancora, in quell’angolo di Lucania …

Fotografia di copertina: lo Stadio Viviani (ex Campo Sportivo del Littorio), Potenza (fonte: Comune di Potenza, https://www.comune.potenza.it/?p=49227 )


[1] https://www.la-cross.org/2022/12/06/l-unico-fiore-nel-deserto-atletico-del-sud-antonio-ghirelli-intervista-l-atleta-napoletana-gilda-jannaccone-1958/

[2] Salvatore Massara (a cura di), L’atletica femminile in Italia e nel mondo, L’Arte Tipografica, Napoli, 1966, pp. 232-238.

[3] Per un altro interessante confronto, questa volta fra i record mondiali femminili nel periodo 1948-1975, vd. https://twitter.com/calciatrici1933/status/1621877424425140225 .

[4] Stadium, 34-35, 1958, p. 5, visionabile all’indirizzo https://issuu.com/stadium1906/docs/stadium34351958 .

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